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Sacro Romano sdegno

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Ma può, in un paese normale, diventare ministro un uomo indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e per corruzione aggravata? Certo che no. Ma l'Italia ormai non è più un paese normale. Perché mentre altrove i ministri si dimettono per ombre meno gravi (vedi il caso del tedesco Guttenberg, costretto a lasciare perché la stampa si è accorta che aveva copiato la tesi di laurea) qui da noi un premier indagato per prostituzione minorile sceglie un personaggio come Saverio Romano per puntellare un governo che ormai fa acqua da tutte le parti e ha bisogno di imbarcare chiunque pur di salvare le poltrone. Romano, come si sa, è un esponente di quei Responsabili che si sono messi al servizio di Sua Maestà il Cavaliere per garantirgli quella striminzita maggioranza che lo tiene in piedi. Solo qualche mese fa il Sultano di Arcore aveva assicurato, contro le notizie sulla compravendita di voti in Parlamento, che chi aveva cambiato idea lo aveva fatto solo per ragioni politiche e mai e poi mai sarebbe stato premiato con un posto nel governo. Oggi una scelta che smentisce, come ormai accade spesso nei pressi di Palazzo Grazioli.
Non è che ci siano tante parole: è una incredibile e insostenibile vergogna nazionale. Che macchia ancora di più, sul piano internazionale e in un momento così delicato viste le vicende libiche, l'immagine dell'Italia che già se la passava male. La nomina di Romano è l'ulteriore dimostrazione di un premier sotto ricatto, il quale, pur di salvarsi dalla crisi, è pronto a tutto e subisce qualsivoglia diktat. Lo stesso Napolitano, che non ha potuto appigliarsi a nessuna questione giuridico-formale (il nostro infatti è in attesa della decisione del gup se archiviare o proseguire le indagini) ha ritenuto di compiere un gesto unico nel suo genere: la nomina con riserva specificando che " ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni" e auspicando con forza che "gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l'effettiva posizione del ministro".
L'affronto all'etica pubblica e alla moralità politica è talmente forte che non possiamo non gridare, noi tutti insieme: fuori Romano dal governo. Magari intasando le caselle di posta elettronica di Palazzo Chigi. Di fronte a questo scempio una sana e robusta indignazione è quel che ci vuole.

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