Può apparire forse incredibile, ma nel giro di trenta giorni la vecchia Italia sembra invecchiata di trent'anni. Il primo turno delle amministrative, i ballottaggi e l'inarrestabile onda referendaria hanno svelato le rughe profonde di un populismo infantile e demagogico che ha segnato gli ultimi tre lustri della nostra storia recente. Ha fatto cadere il velo di una politica piccola piccola, fatta di un linguaggio ad uso interno e di un'idea aristocratica per la quale c'è il popolo e c'è il leader da cui promana verità e saggezza e concessioni. Ha infine frantumato i vecchi riti, i caminetti tra big, le parodistiche cene di Arcore o di Calalzo, il tira e molla, il detto-non-detto e tutto quel contorno penoso di starlette, nani e ballerine con annesso bunga bunga.
Oggi sembra tutto vecchio e ridicolo. E anche abbastanza penoso. Il Berlusconi che giocherella con il dipinto di Andrea Appiani a Villa Madama ("il bunga bunga del 1811", ha detto), quello che racconta le barzellette o che promette o' miracolo a Napoli e u' miracolo a Lampedusa. La sua corte di Quagliarello, Gasparri, Cicchitto e Santanché che si arrampicano sulle parole tra verifiche, rilanci e nuove fasi da aprire. I suo direttori, da Sallusti a Feltri, da Belpietro e Sechi, che disegnano con le loro penne esaurite l'infausta fatica di tenere tutto e tutto negare. Il suo Minzolini che preferisce parlare dell'impulso sessuale del canguro australiano nel periodo pre-estivo piuttosto che raccontare quel che succede nel mondo. Tutto vecchio, tutto consegnato a un passato lontano. La ventata di questo mese elettorale ha cambiato molte cose e molte cose fa capire. Niente sarà più come prima, niente è scontato, nessuna delega è in bianco, nessuno vuole unti del signore o papi stranieri. Qui c'è gente (ragazze, ragazzi, uomini e donne) che si sono ripresi la politica e hanno cancellato con un colpo di scheda, un dito sulla tastiera e un giro di mouse, quel vecchiume ancienne regime che aleggiava sulle teste degli italiani. La sinistra ora deve riflettere bene perché questa nuova politica ha bisogno di una politica nuova. Non c'è tempo da perdere o compromessi da fare. Quei 27 milioni che hanno votato domenica e lunedì hanno dato l'addio definitivo alla Old Italy.