Questa Italia è un vero disastro. La radiografia dell'Istat è impietosa e drammatica: dal Nord al Sud siamo un Paese alla deriva, solo, abbandonato, sfiduciato e stanco. I dati del "bollettino di guerra" fanno paura: un giovane su cinque non studia né lavora, in due anni più di mezzo milione di ragazzi hanno perso il posto e circa due milioni sono scoraggiati perché non riescono a trovarlo. Ancora: una famiglia su quattro è ad alto rischio povertà e non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, due milioni di persone sono povere e disperate senza alcun aiuto, le donne sono costrette a lasciare il lavoro per fare un figlio, oppure lavorano peggio degli uomini e sono malpagate (il 30% in meno di retribuzione), gli immigrati fanno i lavori più umili e sono pagati meno (il 24% di decurtazione). Siamo un fanalino di coda nell'università, nel welfare (nonni "sfruttati" perché non ci sono asili nido), nella crescita economica. In conclusione: siamo tornati indietro di un decennio.
Questa è la realtà. La finzione, invece, è un premier ceronato che dice che va tutto bene e che, nelle stesse ore in cui l'Istat diffondeva questi dati, era preoccupato della sua ignobile campagna elettorale milanese con tanto di zingaropoli, comunisti e centri sociali pronti come i cosacchi a bere alle fontane di Milano. Per non dire di quel genio di Mario Borghezio che, oltre al trasferimento al Nord dei ministeri, è arrivato persino a dire che se vince Pisapia Al Qaeda e Al Zawahiri brinderanno. Figurarsi, Osama Bin Laden si sta rivoltando nel mare per non essere riuscito a partecipare alla festa.
Diciamo la verità: con Berlusconi la fantasia è stata al potere per troppi anni. Ora c'è bisogno di un ritorno alla realtà. E c'è bisogno soprattutto di qualcuno che con serietà, coraggio e un fegato così si metta al lavoro in mezzo a queste macerie e faccia ritrovare all'Italia uno spiraglio di speranza. Ci vorrà del tempo per risalire, ma è proprio ora di cominciare.