di Pietro Spataro
Il dilemma è: rottamare o rinnovare? La classe dirigente di un partito come si cambia? Certo, è vero che qualsiasi parricidio non può non svolgersi con spargimento di sangue ma siccome siamo in democrazia occorre trovare le regole che garantiscano la legittimità del cambiamento e arbitri che ne certifichino la correttezza. Altrimenti, cari compagni, chi decide il rinnovamento e chi legittima i rinnovati? Insomma, per farla breve la parola rottamazione dovrebbe essere bandita in un partito serio che ha a cuore la sua sanità democratica. Perchè chi dà ai rottamatori la patente di rottamatori e chi li autorizza a rottamare e autocandidarsi sulla via del rinnovamento?
Ci sono le primarie. Bene, ma alle primarie o ci si crede o no. Perché se le primarie vanno bene quando eleggono uno che piace e non vanno bene quando eleggono uno che non piace, allora non va bene. E chi è che sceglie? Se Bersani viene eletto segretario del Pd con più di due milioni di voti e poi qualcuno lo mette nell'elenco dei rottamandi c'è qualcosa che non va. In conclusione Matteo Renzi, che è un ragazzo bravo e esuberante, ha posto un problema giusto in modo sbagliato, deragliando un po'. Quindi i seguaci dei rottamatori dovrebbero smetterla di parlare di rottamazione e dicano che cosa vogliono. Quali regole democratiche per un partito democratico per una battaglia politica che mandi a casa l'"utilizzatore finale".
Altrimenti ci sarà da chiedersi chi domani rottamerà i rottamatori. E poi non dimentichiamo che ormai in quasi tutte le città d'Italia (e soprattutto in Toscana, terra di Renzi) il Pd è in mano a tanti giovani che hanno attorno ai trent'anni e che ogni giorno faticano per far tornare i conti della politica. Molti erano a Roma con Bersani, molti altri a Firenze con Renzi. Sono da rottamare anche loro?O non sarebbe meglio che sull'asse Roma Firenze si aprisse un modo nuovo di far politica?
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