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Per non morire di lavoro

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di Pietro Spataro

 

Il lavoro sicuro non è un diritto. Si può crepare, basta non disturbare il padrone. Seguendo questa filosofia il governo si appresta a varare un provvedimento che cancella buona parte delle norme introdotte da Prodi (ministro Cesare Damiano) che prevedevano severi controlli, multe a chi non rispetta le regole di sicurezza, sospensione delle licenze e sigilli ai cantieri. Ora basta. Deregulation completa. Ognuno faccia quel che vuole tanto a morire sono gli operai, i più deboli, e tra essi molti immigrati, sfruttati e sottopagati. Quanto vale la vita di un lavoratore? Vale una multa, un sigillo, una sospensione? No, vale molto meno. Questo è quel che chiedevano gli imprenditori, questo è quel che Berlusconi ha concesso. Siamo il paese della vergogna. Il paese nel quale dall'inizio dell'anno sono morti 245 operai. 242 mila sono rimasti feriti. E nessuno dice nulla difronte a questa tragedia immane. Per questo vorremmo che salisse un grido di ribellione. Proviamoci.

 

Sono utili anche i versi. Trascrivo una mia poesia che parla proprio di questo lavoro duro e amaro.

 

Un manovale

 

L'asse delle spalle

è perfettamente obliquo

per tenere in equilibrio

il secchio con la calce

la testa è rinserrata

la mano regge il fianco

gli occhi fuggono

cercando un altro passo

salendo piano a piano

La condizione umana

è nel suo sguardo reciso

nella domanda dura

che aspetta di trovare

gli occhi che diano

l'attesa rotondità

di un'altra libertà 


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