di Pietro Spataro
Qualche mese fa gli abitanti di Monticchiello hanno messo in scena con il loro Teatro Povero uno spettacolo intitolato "Volo precario". Uno spettacolo quasi preveggente. Perchè la storia infatti raccontava le disavventure di un gruppo di ragazzi, studenti, laureati e precari, feriti dalla crisi, che alla fine decidono di protestare salendo sui tetti. E proprio uno di loro in una scena dello spettacolo dice: saliamo sui tetti, se andiamo tutti sui tetti ci ascolteranno, sentiranno le nostre ragioni.
Appunto, ci siamo. La passione politica si alza da terra, vola sulle strade e sulle piazze e finisce sui tetti. E' una bella prova quella degli studenti e dei ricercatori delle università italiane. Una prova di coraggio e di fantasia. Lì sopra la politica è un'altra cosa: non è il gossip bicamerale, né le escort o le Ruby di turno, non è il battibecco o il braccio di ferro. La politica sui tetti riconquista il suo vero senso profondo: senso della comunità. Quei ragazzi hanno portato una ventata di aria fresca. Non a caso tutti si sono precipitati lassù. Leader di partito, senatori, deputati, grandi promesse del futuro. Il punto è proprio questo però. La politica che si fa sui tetti non ha bisogno di una politica che ricerca l'effetto che fa. Ha bisogno di una politica che fa. Quei ragazzi stanno ponendo a noi tutti un problema grande come una casa. La sinistra, oltre ad andare giustamente sui tetti, dovrebbe dirci come vuole che la formazione e il sapere non restino appannaggio di pochi e come il tema della scuola può tornare ad essere il grande tema del destino nazionale. Quando è stata al governo anch'essa, diciamolo, ha un po' balbettato. I ragazzi dei tetti aspettano che qualcuno dica loro come si fa a non esser costretti a far le valige e partire come nuovi emigranti. Altrimenti, diventa solo una sceneggiata e oltre alle foto di rito non resterà che il ricordo di un volo precario che resta precario.
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